lunedì 16 aprile 2012

"George Harrison: Living in the Material World"

Ero intenta ad ascoltare canzoni dei Beatles,soffermandomi più volte sulla versione con l'ukulele che Paul McCartney ha fatto a Bologna, e dove fortunatamente c'ero, di "Something" una delle poche canzoni che non porta la firma Lennon-McCartney, bensì quella di George Harrison e che Frank Sinatra considerò la più bella canzone d'amore di sempre. E già che c'ero ho letto qualche articolo riguardante la prossima uscita del documentario dal titolo "George Harrison: Living in the Material World" che sarà visibile il 19 aprile in tutti i cinema d'Italia, dedicato proprio alla figura del Beatles scomparso nel 2001 in seguito ad una lotta contro un cancro, per la regia del premio oscar Martin Scorsese. 
Si rimane colpiti subito dal titolo, specie per chi come me è fan del quartetto di Liverpool e ha ben presente la figura di George. In un certo senso, ho sempre considerato i Beatles speculari l'uno con l'altro...era un gruppo perfetto proprio perchè era completo di tutto, perchè ognuno di loro contribuiva a renderlo completo con le loro caratteristiche personali che riversavano nella musica che scrivevano e creavano; difetti e pregi di ognuno confluivano armonicamente nella creazione di quelle che sono considerate, almeno dalla sottoscritta, come le più belle canzoni mai scritte. E George era sicuramente opposto a John. Io, perlomeno, li ho sempre visti cosi. L'irruenza di John, il suo temperamento ironico e strafottente tanto "amato" dai media che catturavano ogni sua minima mossa e affermazione, venivano compensate dalla dolcezza malinconica espressa da George in tutto il suo essere. George si sa, non amava più di tanto la fama ed infondo è stato quello che alla fine ha retto meno di tutti quell'attenzione mediatica opprimente che se sei un Beatles non solo ti devi sobbarcare per quei dieci anni di carriera che hanno segnato per sempre la storia musicale mondiale, ma che ti porti dietro per tutta la vita. Ed è proprio da un'affermazione di John riguardante George che questo documentario prende il via: "George di per sé non è un mistero, ma il mistero dentro George è immenso. Scoprirlo poco a poco è dannatamente interessante'. Un mistero che lo portò ad una ricerca continua di se stesso dal punto di vista spirituale, fino al congiungimento con la religione induista alla quale si convertì dopo esservi entrato in contatto in seguito del famoso viaggio in India con i Beatles, che a livello musicale portò alla creazione di brani confluiti poi negli album Let it Be ed Abbey Road. E' straordinaria, se ci si ferma a riflettere, la forza interiore che quest'uomo possedeva. Infondo è sempre stato considerato Lennon (a cui la qui presente dichiara eterno amore) quello idealista del gruppo, quello che lottava contro certi disvalori; eppure se ci si sofferma su quel Beatle che rimaneva sempre un pò volontariamente nell'ombra (per quanto un Beatles potesse rimanere in ombra) ci si accorge di quanto i suoi sguardi silenziosi e carichi di malinconia, nascondessero veramente un grande mistero., un grande universo interiore. Insomma, pensateci. Sei un membro della più importante band al mondo di tutti i tempi, con buona pace (non me ne voglia nessuno) di Rolling Stones e Queen, hai fatto storia, sei una leggenda su due gambe praticamente. Hai tutto, soldi, fama, donne (posto che poi non arrivi Eric Clapton a fare lo splendido) però dentro di te senti che non è questo a farti felice, non è questo mantra che la società occidentale ti impone come assolutamente necessario per essere felice. Quello che ti rende felice è quello che hai dentro, la voce che ti spinge a scavare dentro di te, fino a .distaccarti da tutti quei valori e tradizioni con cui sei cresciuto per abbracciare una nuova vita, un nuovo percorso che ti rende veramente felice e in pace con te stesso e col mondo. Un esempio di semplicità e profondità come poche persone sono state capaci di dare, una profondità che nasceva proprio dallo stare in disparte, cosciente che sarà quello che hai dentro a farti brillare e non solo i milioni di dischi venduti.
Non resta che vedere il documentario nella speranza che non deluda le (mie) alte attese.



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